CENNI SULLA CHIESA PARROCCHIALE DI S. ANGELO DI SALA

Una prima chiesa, già dedicata a San Michele Arcangelo, venne eretta in questa località prima dell’anno Mille. Essa viene poi ricordata in documenti dell’inizio del XII secolo. Alla fine del XIII secolo risulta essere una cappella della vicina pieve matrice di Borgoricco Sant’Eufemia.

Nelle cronache di una visita pastorale del 1572 la chiesa di Sant’Angelo di Sala viene descritta con due altari, con il fonte battesimale, il campanile, il cimitero, la casa del sacerdote e con un beneficio di trenta campi. Questa antica chiesa era tutta adorna di affreschi d’epoca medievale e fu demolita nel 1738, perché ormai cadente, quando venne benedetta la nuova chiesa, quella attuale, preceduta da un ampio sagrato.

Oggi dell’antica chiesa rimane soltanto una Madonna in trono con il Bambino, affresco staccato dalle pareti e restaurato in epoca recente, attribuito alla scuola giottesca ma più probabilmente di un pittore veneto del Quattrocento.

All’erezione dell’attuale chiesa (avvenuta fra il 1715 ed il 1736) seguì, un secolo dopo (nel 1820), quella del campanile, con relativo abbattimento del vecchio; mentre la facciata fu rifinita nel 1838.

A migliorare l’interno dell’edificio sacro si provvide nel 1935-36, costruendo quattro cappelle laterali, dedicate al Sacro Cuore, alla Madonna della Cintura, a Sant’Antonio di Padova e quella che custodisce il fonte battesimale. Le prime due conservano altari seicenteschi che appartenevano alla chiesa demolita.

Infine, nel 1944 si provvide ad affrescare il presbiterio ed il catino absidale.

Dopo un lungo restauro conservativo delle opere, delle murature e degli intonaci – e dopo un accurato adeguamento liturgico del presbiterio – la chiesa è stata solennemente consacrata da Mons. Antonio Mattiazzo, Vescovo di Padova, il 10 dicembre 2006. Nell’occasione sono stati collocati in presbiterio un nuovo altare in marmo bianco di Carrara con un bassorilievo raffigurante la cena in Emmaus e sulla sinistra un nuovo ambone con il Buon Pastore, opere dello scultore Romeo Sandrin di Fratte di Santa Giustina in Colle.

L’antico altar maggiore della chiesa meraviglia per la sua bellezza: un’opera scultorea in marmo di notevole fattura. Sul fronte della mensa spicca una pregevole “Veronica”, retta da cherubini e attorniata da putti alati che recano i simboli della Passione.

Sopra la mensa troneggia un prezioso ciborio in legno decorato, molto complesso nella sua struttura architettonica. Fra le varie scansioni delle piccole volumetrie, sono inserite scene a rilievo della Passione, mentre piccoli angeli d’oro, si stagliano entro nicchie negli spigoli laterali. Al culmine del ciborio svetta un’immagine del Redentore che sale nella gloria dei cieli. Dal catino absidale scende una maestosa corona dorata di fine settecento.

Completano l’altare due maestose figure angeliche: l’Arcangelo Michele che vince il demonio sulla sinistra e, sulla destra, l’Arcangelo Raffaele con il piccolo Tobiolo.

La chiesa, poi, è adorna di diverse opere pittoriche.

Sulle vele che sovrastano il presbiterio sono incastonati, entro tondi di stucco, i quattro evangelisti dipinti ad olio.

I dipinti più recenti furono eseguiti invece nel 1944: sono i due riquadri delle pareti del presbiterio, i rettangoli dell’abside e il catino, opera ad affresco di Galliano e Armando Miglioraro. Raffigurano l’Ultima Cena, il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e una solenne Adorazione eucaristica. Nel coro spiccano infine quattro santi: Giovanni Bosco, Valentino, Gregorio Barbarigo e Filippo Neri.

La cappella del fonte battesimale custodisce un olio su tavola di Benito Tiozzo, opera del 2003, raffigurante il Battesimo di Gesù. Attualmente la medesima cappella raccoglie anche le quattordici raffigurazioni ottocentesche della Via Crucis.

Sul soffitto della navata, in un grande riquadro, è dipinta ad affresco “La Giustizia e la Misericordia divina”. Al centro si nota San Michele Arcangelo che precipita Lucifero nell’inferno; è vestito d'azzurro e rosso, irradiato dalla luce dello Spirito Santo. In basso, un altro angelo salva le anime elevandole dal Purgatorio verso la Santissima Trinità. Si tratta di un’opera del 1757, assai ben dipinta, dal colore squillante disteso con tocco abilissimo e carica di movimento compositivo, dovuta molto probabilmente al pennello di Jacopo Marieschi.

Sulla controfacciata, infine, domina una piacevolissima Adorazione dei Pastori, olio su tela con una bella cornice intagliata di fine settecento, opera sicura di Antonio Balestra.

La comunità di Sant’Angelo di Sala vive da secoli sotto protezione dell’Arcangelo Michele. Di sicuro la dedicazione a questo grande santo risale all’epoca longobarda. Lungo la stessa antica strada romana su cui sorge la località, altre chiese portano il medesimo titolo: San Michele delle Badesse e Mirano.

Ancor oggi, al termine di ogni celebrazione eucaristica, tutti i fedeli ricordano il patrono con la particolare preghiera a San Michele Arcangelo, le cui parole risalgono a papa Leone XIII.

La festa patronale in onore di San Michele Arcangelo si vive e si celebra attorno all’ultima domenica di settembre.

Dall’archivio parrocchiale si conosce a Sant’Angelo anche un’altra devozione, introdotta già alla fine del XVII secolo, quella alla Madonna della Cintura.

In tempi più recenti, al termine della seconda guerra mondiale, i capifamiglia della parrocchia espressero un voto solenne per ottenere la protezione materna di Maria dagli orrori della guerra che stavano devastando i dintorni. Il voto ha impegnato per sempre tutti i membri della comunità ad una festa solenne da dedicare alla Madonna della Cintura ogni anno nella penultima domenica di agosto.

Il voto è stato rinnovato a marzo 2020, mentre la comunità e il mondo intero vivano i tempi più bui e difficili della pandemia. Dall’anno 2020, vista l’iniziale impossibilità di celebrare la festa in onore della Madonna della Cintura con la tradizionale processione, il parroco e il Consiglio pastorale hanno scelto di ravvivare tale devozione, portando l’immagine di Maria lungo tutte le strade della comunità, per dar seguito così – in modo più visibile per tutti – a questa antica e sentita tradizione di fede.